Il comparto termale italiano dopo anni di crisi e di batoste è alla ricerca del rilancio grazie alla timida ripresa degli investimenti, alle nuove idee in grado di ‘svecchiare’ l’offerta e soprattutto alla vitalità del turismo legato al wellness, inteso nel senso generale di benessere psico-fisico.

Un’impresa comunque molto ardua considerata la voragine economica in cui è precipitato il settore termale negli ultimi anni trascinando con sé anche Comuni e Regioni che avevano partecipazioni (un tempo strategiche) negli stabilimenti termali del territorio.

La ristrutturazione delle vecchie strutture e l’ampliamento dell’offerta dei trattamenti sembra andare proprio nella direzione indicata dal mercato: se da una parte infatti è saltato il modello delle cure idropiniche, dall’altra il settore del turismo legato al ‘wellness’, nel senso più moderno e ampio del termine, macina risultati positivi di anno in anno. Secondo i dati del Global Wellness Economy Monitor 2018, nel mondo, il settore è cresciuto del 12,8% negli ultimi due anni, da 3,7 trilioni di dollari nel 2015 a 4,2 trilioni di dollari registrati nel 2017 confermandosi uno dei settori che sta crescendo più velocemente a livello internazionale. Dal 2015 al 2017, l’economia del wellness è cresciuta del 6,4% all’anno, quasi il doppio rispetto alla crescita economica globale (+3,6%) e i consumi totali in wellness (4,2 trilioni di dollari) a livello globale superano la metà della spesa totale in salute (7,3 trilioni di dollari): il settore rappresenta il 5,3% dell’economia mondiale.

I margini e le prospettive di crescita quindi non sembrano affatto mancare a patto però che le società termali siano in grado di rinnovare l’offerta seguendo le richieste del mercato e di trovare qualcuno disposto a scommettere sul loro futuro.

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